Per CORTI D’AUTORE, Il Museo Nazionale del Cinema presenta “Quattro capolavori venuti da lontano”. A seguire, per W L’ITALIA, proiezione del film Unfinished Italy di Benoit Felici.

Cinema Massimo – 16 novembre 2011, ore 20.30, Sala Tre

Per CORTI D’AUTORE, il Museo Nazionale del Cinema presenta mercoledì 16 novembre 2011 al Cinema Massimo quattro capolavori della cinematografia mondiale: Vita nella nebbia di Bahman Ghobadi, Il coro di Abbas Kiarostami, I musicanti di Kazimierz Karbasz e La stazione di Krzysztof Kieslowski. A seguire per la sezione W l’Italia!, la proiezione del film Unfinished Italy di Benoit Felici, un viaggio alla scoperta delle rovine moderne d’Italia, l’architettura dell’incompiuto. Ingresso 3 euro.

I quattro film proposti vengono da mondi lontani da noi, sono quattro sguardi di una purezza sconvolgente, due dall’Iran e due dalla Polonia del socialismo reale.

Vita nella nebbia di Barman Ghobadi è stata la grande scoperta del Festival di Clermont-Ferrand 1999, Gran Premio della Giuria. Stile aspro, crudo, sporco a forza di autenticità, un soffio epico che nasce dalla quotidianità dei curdi di confine, alle prese con una natura ostile e una società durissima, è un film “straniante e straziante”, forse più dello stesso lungometraggio che Ghobadi ne trarrà, Il tempo dei cavalli ubriachi, incoronato a Cannes l’anno successivo.

Il coro (1982) di Abbas Kiarostami è la finissima storia di un vecchio e dei piccoli, poetici casi che la sua sortita innesca. Lì, a Rasht, dirà Kiarostami, tra quelle vecchie stradine, tra quei muri di gesso coperti di muffa “potevo cercare l’immagine che volevo in completa libertà”. Davvero il vecchio non è più un “passante qualsiasi”, ma “qualcuno su cui diventa importante fissare lo sguardo”.

Su I musicanti di Kazimierz Karbasz, Gran Premio al Festival di Oberhausen 1961, Kieslowski ha scritto parole definitive, scegliendolo tra i dieci capolavori della storia del cinema, assieme a film di Welles, Chaplin, Fellini, ecc.: “È raro che un corto esprima tante cose, in una maniera così semplice e sublime, sul bisogno di creare che è proprio dell’essere umano” (Positif, Juin 1994).

Tutta l’opera di Krzysztof Kieslowski è impregnata dall’esperienza documentaristica, di cui La stazione (1980) è uno degli ultimi esempi. Una stazione, filmata in dieci notti, nulla di particolare, ma a poco a poco un clima che s’instaura, e un osservatore che, dalla sua postazione nascosta, controlla: sorveglia.